martedì 23 dicembre 2014
mercoledì 3 dicembre 2014
RECENSIONE di Carlo Guarinoni
Non capita tutti i giorni di
leggere un romanzo storico e rimanere affascinati dai particolari, più ancora
che dalla trama. Quello che distingue “Nunc est bibendum” di Stefano Mariano
Mazza da tanti altri romanzi ambientati nella Roma imperiale è proprio l’attenzione
alle cose minime.
Chi è appassionato di storia romana sa bene che la vita quotidiana di duemila anni fa era molto diversa da quella di oggi. Spostarsi, comunicare, nutrirsi… bere. Tutto era differente. L’autore è riuscito a ambientare l’azione drammatica in maniera minuziosa e lieve allo stesso tempo. Tutto è controllato scrupolosamente, ma senza pedanteria. “Nunc est bibendum” è un romanzo a tema. L’intenzione dell’autore è evidente e dichiarata: appassionato non meno di enologia che di storia egli intende porre l’accento sulle uve, sui vini, sul cibo che il “nettare degli dei” accompagnava. Ma l’intreccio è godibile anche per chi di uve e di vino non a nulla.
Volendo usare un linguaggio trito, si potrebbe parlare di “grande affresco” dell’alta società nella Roma augustea. Qui però della statica sbiaditezza dell’affresco non c’è alcuna traccia.
Chi è appassionato di storia romana sa bene che la vita quotidiana di duemila anni fa era molto diversa da quella di oggi. Spostarsi, comunicare, nutrirsi… bere. Tutto era differente. L’autore è riuscito a ambientare l’azione drammatica in maniera minuziosa e lieve allo stesso tempo. Tutto è controllato scrupolosamente, ma senza pedanteria. “Nunc est bibendum” è un romanzo a tema. L’intenzione dell’autore è evidente e dichiarata: appassionato non meno di enologia che di storia egli intende porre l’accento sulle uve, sui vini, sul cibo che il “nettare degli dei” accompagnava. Ma l’intreccio è godibile anche per chi di uve e di vino non a nulla.
Volendo usare un linguaggio trito, si potrebbe parlare di “grande affresco” dell’alta società nella Roma augustea. Qui però della statica sbiaditezza dell’affresco non c’è alcuna traccia.
Protagoniste sono due donne. E che
donne! Di Livia, personaggio realmente esistito, Mazza interpreta le
descrizioni dei grandi storici. Ma della sua ancella e poi liberta imperiale
Galeria, inventa tutto, immaginando una figura femminile talmente viva da farla
apparire a-cronistica, più che ana-cronistica. Galeria è letteralmente fuori
dal tempo, o dentro, se si vuole. La sua femminilità prescinde dal tempo
dell’azione e ne fa un personaggio archetipico: quello di una donna
determinata, capace di affrancarsi dalla sua condizione ancillare senza
rinunciare a nulla del proprio io: non ai suoi istinti più profondi, non alla
passione per Macriano Stazio, non all’intimità con la sua antica padrona.
Seguire le vicende della sua vita equivale a ripercorrere, senza rendersene
immediatamente conto, la nascita e l’affermarsi dell’Impero. Nelle scene dei
banchetti, in particolare, ritroviamo i protagonisti della Storia romana come tolti
dal gesso delle loro immagini codificate. Lo scrupolo con cui ogni personaggio
è collocato esattamente nella fase della vita che attraversava quel giorno
rende meglio di ogni altro particolare il grande lavoro di ricerca che è alla
base del libro. Età, parentele, relazioni. Tutto è controllato e verificato
minuziosamente per offrire al lettore il piacere di leggere senza il sospetto
fastidioso dell’espediente letterario, del trucco. E lo stesso accade col vino.
Dove non soccorre l’evidenza documentale, ecco farsi avanti una “fantasia
cartesiana”, se così possiamo definirla: non sappiamo se le cose stavano
davvero così, ma sulla base di tutto ciò che sappiamo per certo, verosimilmente
le cose stavano così. Onestà intellettuale, deformazione professionale di un
ingegnere?
Mettiamola pure come vogliamo.
Fatto sta che parafrasando Orazio verrebbe da dire: “Nunc est legendum”.
Carlo Guarinoni
Economista e pubblicista
lunedì 1 dicembre 2014
RECENSIONE di Silvia Clama
Un viaggio tra i filari
della vite, nel commercio dei vini nelle contrade italiche dell’Impero romano, nella
corte di Augusto, specchio dell’alta società romana, “con gli occhi” di Galeria,
la libera/liberta, ancella dell’imperatrice Livia. Un viaggio nei riti, nei
banchetti, nei costumi sociali e sessuali, nei fasti e nefasti di una
propagandata mitica età aurea e di pace. Un viaggio colorato dal rosso
sanguigno del vino Pucinum, frutto del
lavoro fatto con passione dal liberto imprenditore Macriano Stazio.
Una folla di personaggi
di alto rango, il fior fiore degli intellettuali e degli artisti dell’età
augustea, si muove attorno ad Augusto e Livia, la coppia imperiale, nei luoghi
del potere che gronda sangue, epurazioni, esili. Potere nel segno di matrimoni
politici e di riforme che evocano antichi morigerati costumi ed austere virtù, ma
contraddette dai comportamenti dei membri della famiglia imperiale e dai ricchi
che si godono il carpe diem,
ignorando l’umiliazione di deboli e indifesi, schiavi e vinti, che “altrove”
rivolgeranno le loro speranze di essere considerati esseri umani degni di
rispetto.
L’affresco di una
società con le sue luci e le sue ombre nella sua precisa ricostruzione storica,
con i suoi nodi non sciolti, che nei “corsi e ricorsi” della storia richiamano
alcuni “grovigli” e “questioni aperte” del mondo attuale.
Un invito a scoprire
questo e altro tra le righe di un romanzo che offre vari livelli di lettura
attraverso il dipanarsi delle storie di vita e gli amori dei protagonisti, le
vicende di personaggi di diverso rango sociale, nella complessa trama della
storia politica del principato di Augusto e della genealogia della sua
famiglia. Scene e fatti attraversati da riflessioni filosofiche, religiose,
antropologiche e da realistiche descrizioni degli ambienti e delle relazioni
tra individui.
L’intreccio è legato
dal filo narrativo dell’introduzione nella corte imperiale della Schola dei Vinimagistri con le loro conoscenze sui
vini.
Il romanzo tratta vari
temi e i motivi ad essi correlati tra i quali: la propaganda politica,
l’economia, l’agricoltura, il commercio, la cultura, la natura, la religione,
l’arte della vinificazione, la gastronomia, il galateo imperiale, l’amore, l’eros,
la ricerca di libertà e indipendenza.
Tra i personaggi
femminili si staglia Galeria, la protagonista del libro, che nella sua vita
riassume varie condizioni delle donne del suo tempo: prima schiava, poi
liberta, libera giuridicamente ma soprattutto libera “dentro”. Prefigura la donna emancipata odierna, che
desidera essere artefice della propria vita con la libertà di scelta e l’indipendenza
economica frutto del proprio lavoro. Galeria, inoltre, pur godendo dei
privilegi del suo status di ancella imperiale, memore delle sue origini e
grazie alla sua sensibilità, vede “oltre” la propaganda politica della
pacificazione, integrazione e missione civilizzatrice dei popoli, sapientemente
orchestrata da Augusto nella costruzione della sua immagine e della sua fama.
L’opera del Divo Augusto, nel riconoscimento della sua grandezza di uomo
politico, è smascherata dalla profondità dello sguardo critico di Galeria che
cerca di aprire gli occhi di Livia. Ma l’imperatrice resta condizionata dal
ruolo politico che come donna/moglie riveste accanto al marito e riesce ad
essere veramente libera solo con il suo amore “segreto”.
Giulia, la figlia di
Augusto, incurante dei richiami paterni ad una condotta consona alla
ripristinata immagine dell’antica morigerata donna romana, si ribella e, nella
sua libertà di essere se stessa, diventa vittima del progetto di restaurazione
morale voluto dal padre.
Tra i personaggi
maschili, legato a Galeria, risalta Macriano Stazio, il liberto viticoltore creatore e produttore del Pucinum, che ha la passione della terra nel sangue, l’amore per la
natura e fa dell’arte della vinificazione lo scopo della sua vita. E’ l’uomo di
umili origini, dotato di intelligenza e buon senso, doti grazie a cui può
confrontarsi a corte con gli intellettuali. E’ l’individuo che incarna i valori
del lavoro e dell’onestà, della religiosità nella sua devozione a Cibele, la Magna mater di tutti gli dei, signora
della Natura, fonte di ogni nutrimento e salute. Come salutare per Livia e Augusto sarà il Pucinum, vino simbolo di nuova energia,
linfa vitale per la salute del corpo e dell’anima nel teatro tragicomico della
vita, per nutrirsi e non solo per brindare al piacere del carpe diem ma al sorgere di una nuova era.
Silvia Clama
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