mercoledì 3 dicembre 2014

RECENSIONE di Carlo Guarinoni

Non capita tutti i giorni di leggere un romanzo storico e rimanere affascinati dai particolari, più ancora che dalla trama. Quello che distingue “Nunc est bibendum” di Stefano Mariano Mazza da tanti altri romanzi ambientati nella Roma imperiale è proprio l’attenzione alle cose minime.
 Chi è appassionato di storia romana sa bene che la vita quotidiana di duemila anni fa era molto diversa da quella di oggi. Spostarsi, comunicare, nutrirsi… bere. Tutto era differente. L’autore è riuscito a ambientare l’azione drammatica in maniera minuziosa e lieve allo stesso tempo. Tutto è controllato scrupolosamente, ma senza pedanteria. “Nunc est bibendum” è un romanzo a tema. L’intenzione dell’autore è evidente e dichiarata: appassionato non meno di enologia che di storia egli intende porre l’accento sulle uve, sui vini, sul cibo che il “nettare degli dei” accompagnava. Ma l’intreccio è godibile anche per chi di uve e di vino non a nulla.
Volendo usare un linguaggio trito, si potrebbe parlare di “grande affresco” dell’alta società nella Roma augustea. Qui però della statica sbiaditezza dell’affresco non c’è alcuna traccia.
Protagoniste sono due donne. E che donne! Di Livia, personaggio realmente esistito, Mazza interpreta le descrizioni dei grandi storici. Ma della sua ancella e poi liberta imperiale Galeria, inventa tutto, immaginando una figura femminile talmente viva da farla apparire a-cronistica, più che ana-cronistica. Galeria è letteralmente fuori dal tempo, o dentro, se si vuole. La sua femminilità prescinde dal tempo dell’azione e ne fa un personaggio archetipico: quello di una donna determinata, capace di affrancarsi dalla sua condizione ancillare senza rinunciare a nulla del proprio io: non ai suoi istinti più profondi, non alla passione per Macriano Stazio, non all’intimità con la sua antica padrona. Seguire le vicende della sua vita equivale a ripercorrere, senza rendersene immediatamente conto, la nascita e l’affermarsi dell’Impero. Nelle scene dei banchetti, in particolare, ritroviamo i protagonisti della Storia romana come tolti dal gesso delle loro immagini codificate. Lo scrupolo con cui ogni personaggio è collocato esattamente nella fase della vita che attraversava quel giorno rende meglio di ogni altro particolare il grande lavoro di ricerca che è alla base del libro. Età, parentele, relazioni. Tutto è controllato e verificato minuziosamente per offrire al lettore il piacere di leggere senza il sospetto fastidioso dell’espediente letterario, del trucco. E lo stesso accade col vino. Dove non soccorre l’evidenza documentale, ecco farsi avanti una “fantasia cartesiana”, se così possiamo definirla: non sappiamo se le cose stavano davvero così, ma sulla base di tutto ciò che sappiamo per certo, verosimilmente le cose stavano così. Onestà intellettuale, deformazione professionale di un ingegnere?
Mettiamola pure come vogliamo. Fatto sta che parafrasando Orazio verrebbe da dire: “Nunc est legendum”.
Carlo Guarinoni
Economista e pubblicista

lunedì 1 dicembre 2014

RECENSIONE di Silvia Clama

Un viaggio tra i filari della vite, nel commercio dei vini nelle contrade italiche dell’Impero romano, nella corte di Augusto, specchio dell’alta società romana, “con gli occhi” di Galeria, la libera/liberta, ancella dell’imperatrice Livia. Un viaggio nei riti, nei banchetti, nei costumi sociali e sessuali, nei fasti e nefasti di una propagandata mitica età aurea e di pace. Un viaggio colorato dal rosso sanguigno del vino Pucinum, frutto del lavoro fatto con passione dal liberto imprenditore Macriano Stazio.
Una folla di personaggi di alto rango, il fior fiore degli intellettuali e degli artisti dell’età augustea, si muove attorno ad Augusto e Livia, la coppia imperiale, nei luoghi del potere che gronda sangue, epurazioni, esili. Potere nel segno di matrimoni politici e di riforme che evocano antichi morigerati costumi ed austere virtù, ma contraddette dai comportamenti dei membri della famiglia imperiale e dai ricchi che si godono il carpe diem, ignorando l’umiliazione di deboli e indifesi, schiavi e vinti, che “altrove” rivolgeranno le loro speranze di essere considerati esseri umani degni di rispetto.
L’affresco di una società con le sue luci e le sue ombre nella sua precisa ricostruzione storica, con i suoi nodi non sciolti, che nei “corsi e ricorsi” della storia richiamano alcuni “grovigli” e “questioni aperte” del mondo attuale.
Un invito a scoprire questo e altro tra le righe di un romanzo che offre vari livelli di lettura attraverso il dipanarsi delle storie di vita e gli amori dei protagonisti, le vicende di personaggi di diverso rango sociale, nella complessa trama della storia politica del principato di Augusto e della genealogia della sua famiglia. Scene e fatti attraversati da riflessioni filosofiche, religiose, antropologiche e da realistiche descrizioni degli ambienti e delle relazioni tra individui.
L’intreccio è legato dal filo narrativo dell’introduzione nella corte imperiale della Schola dei Vinimagistri con le loro conoscenze sui vini.
Il romanzo tratta vari temi e i motivi ad essi correlati tra i quali: la propaganda politica, l’economia, l’agricoltura, il commercio, la cultura, la natura, la religione, l’arte della vinificazione, la gastronomia, il galateo imperiale, l’amore, l’eros, la ricerca di libertà e indipendenza.
Tra i personaggi femminili si staglia Galeria, la protagonista del libro, che nella sua vita riassume varie condizioni delle donne del suo tempo: prima schiava, poi liberta, libera giuridicamente ma soprattutto libera “dentro”.  Prefigura la donna emancipata odierna, che desidera essere artefice della propria vita con la libertà di scelta e l’indipendenza economica frutto del proprio lavoro. Galeria, inoltre, pur godendo dei privilegi del suo status di ancella imperiale, memore delle sue origini e grazie alla sua sensibilità, vede “oltre” la propaganda politica della pacificazione, integrazione e missione civilizzatrice dei popoli, sapientemente orchestrata da Augusto nella costruzione della sua immagine e della sua fama. L’opera del Divo Augusto, nel riconoscimento della sua grandezza di uomo politico, è smascherata dalla profondità dello sguardo critico di Galeria che cerca di aprire gli occhi di Livia. Ma l’imperatrice resta condizionata dal ruolo politico che come donna/moglie riveste accanto al marito e riesce ad essere veramente libera solo con il suo amore “segreto”.  
Giulia, la figlia di Augusto, incurante dei richiami paterni ad una condotta consona alla ripristinata immagine dell’antica morigerata donna romana, si ribella e, nella sua libertà di essere se stessa, diventa vittima del progetto di restaurazione morale voluto dal padre.
Tra i personaggi maschili, legato a Galeria, risalta Macriano Stazio, il liberto viticoltore creatore e produttore del Pucinum, che ha la passione della terra nel sangue, l’amore per la natura e fa dell’arte della vinificazione lo scopo della sua vita. E’ l’uomo di umili origini, dotato di intelligenza e buon senso, doti grazie a cui può confrontarsi a corte con gli intellettuali. E’ l’individuo che incarna i valori del lavoro e dell’onestà, della religiosità nella sua devozione a Cibele, la Magna mater di tutti gli dei, signora della Natura, fonte di ogni nutrimento e salute.  Come salutare per Livia e Augusto sarà il Pucinum, vino simbolo di nuova energia, linfa vitale per la salute del corpo e dell’anima nel teatro tragicomico della vita, per nutrirsi e non solo per brindare al piacere del carpe diem ma al sorgere di una nuova era.


Silvia Clama